Seleziona una pagina

Il territorio delle Alpi Liguri (e così il Parco) conserva tracce di storia e leggende antiche, nelle quali l’uomo ha avuto per secoli un’importante funzione: quella di modellare la natura con il lavoro e la fatica, assecondando le proprie necessità.

Da ciò scaturisce il PAESAGGIO, ovvero l’incontro dell’elemento naturale con quello antropico: una peculiarità del Parco delle Alpi Liguri è proprio quella di interessare un’area ancora oggi fortemente antropizzata, dove l’uomo moderno convive ogni giorno sul territorio con l’eredità dei propri antenati.

Ne sono testimonianza i reperti preistorici di Rezzo e Realdo e i vecchi fortini di Cima Marta, le architetture a volte ardite dei ponti in pietra e dei muretti a secco, dei piloni votivi e delle chiese medievali e barocche, dei borghi labirintici distesi fra aie e carruggi, dei tetti in ciappe e degli architravi in pietra che tuttora resistono alle intemperie.

ARTE E STORIA NEL PARCO

I Comuni del Parco possono vantare importanti tradizioni artistiche locali, che secoli fa su questo stesso territorio hanno affrescato e decorato chiese, cappelle e santuari, scolpito portali, eretto monumenti in pietra: le testimonianze degli scalpellini di Cènova (XIV-XV secolo –  da visitare il sito museale recentemente inaugurato nell’omonima frazione del Comune di Rezzo) sono visibili ancora oggi in tutta la Valle della Giara, ma anche a Mendatica e Montegrosso Pian Latte; gli affreschi di Pietro Guido da Ranzo (XV-XVI secolo) decorano le pareti del Santuario di Rezzo, della Chiesa di Santa Margherita a Mendatica e di altri edifici sacri del Ponente Ligure; l‘arte di Giovanni Canavesio (XV secolo) si mostra nella Chiesa di San Bernardino di Triora e nel maestoso polittico della Parrocchiale di Pigna, che conserva anche un rosone in marmo bianco firmato da Giovanni Gaggini da Bissone (XV secolo).

Altre cappelle affrescate si trovano a Cosio d’Arroscia (San Pietro del Fossato) e lungo le mulattiere un tempo frequentate da pastori e viandanti, con i loro ponti i pietra e le caratteristiche malghe in pietra (Val Tanarello), antico retaggio della vita di transumanza.

Il territorio fu abitato sin dall’epoca preromana da popolazioni dedite all’agricoltura e alla transumanza; in età romana sorsero una villa aziendale e varie torri a scopo difensivo, una delle quali, risalente al V secolo d.C. e opportunamente rimaneggiata, è divenuta in epoca medioevale il campanile dell’Oratorio di N.S. Assunta.

La naturale difesa dai rigidi inverni montani è all’origine della struttura del borgo, con le sue caratteristiche stradine che si snodano fra case collegate da oscuri archivolti. Di epoca medioevale sono pure alcuni edifici e la stessa configurazione urbanistica dell’abitato. Notevoli l’Oratorio dell’Assunta, rialzato in epoca tardo-barocca e oggi inglobato nell’ex-palazzo comunale (sede del Museo delle Erbe), fiancheggiato da un’antica torre difensiva tardo-romana poi trasformata nel XIII secolo in campanile romanico cuspidato con bifore in cotto, e la Chiesa Parrocchiale di San Pietro Apostolo costruita nella prima metà del Seicento in forme tardo-rinascimentali. A sud del paese, dove si trovavano l’antica villa aziendale e il borgo primitivo, la Chiesa di S. Pietro del Fossato conserva l’abside rettangolare con affreschi del XV secolo. Adiacente all’Oratorio dell’Assunta si trova il Museo “In Herbis Salus” (Museo delle Erbe), nel quale è possibile ammirare l’esposizione di numerose specie di piante aromatiche, medicinali ed eduli.

Il cartelame della Flagellazione

Già abitato in Età Neolitica, il territorio di Mendatica offre notizie documentate a partire dal VII secolo d.C.

Il Museo Etnografico (con la Casa del Pastore e le Vecchie Prigioni) ricostruisce gli ambienti abitativi di un tempo, con una ricca raccolta di utensili e attrezzi usati per la produzione del formaggio e nella vita di tutti i giorni; la Sala delle Carte raccoglie riproduzioni fotografiche di antiche mappe risalenti ai secoli XVI-XVIII, esponendo un ideale itinerario cronologico della cartografia dell’intera Valle Arroscia; il Laboratorio Naturalistico offre un’ampia selezione di animali impagliati appartenenti alla fauna delle Alpi Liguri.

Fra gli edifici religiosi, l’imponente Parrocchiale barocca dedicata ai Santi Nazario e Celso conserva parte del trecentesco campanile romanico, mentre la Chiesa di Santa Margherita, di epoca tardo-medievale, custodisce un importante ciclo di affreschi del Cinquecento; in posizione dominante all’estremità sud-orientale del paese sorge poi il Santuario della Madonna dei Colombi, edificio tardo-barocco distrutto e ricostruito in seguito al terremoto del 1887.

Da visitare anche le malghe in pietra (Valcona Soprana, Valcona Sottana, Le Salse) della Val Tanarello.

Le prime testimonianze di insediamenti risalgono all’Età del Ferro, quando sulla Rocca di Drego fu edificato un castellaro. Notizie documentate si hanno invece a partire dall’anno Mille: dall’Abbazia di San Dalmazzo di Pedona (oggi Borgo San Dalmazzo in Provincia di Cuneo) giunsero in Valle Argentina i monaci benedettini di San Colombano, che facilitarono un primo sviluppo della comunità avviando la lavorazione del grano con la costruzione dei primi mulini.

Nel corso del Medioevo il villaggio rientrò insieme a Triora fra i possedimenti dei Conti di Ventimiglia, poi della Repubblica di Genova a partire dalla seconda metà del XIII secolo: proprio in questo periodo il paese divenne un importante centro locale, grazie alla costruzione di ben 23 mulini lungo i torrenti Argentina e Capriolo. Gli interessi di Triora sul commercio del grano portarono nel 1654 le ville di Molini, Andagna e Corte alla dichiarazione di indipendenza locale. Su concessione del Senato della Repubblica, ogni villa ottenne di beneficiare di propria autonomia amministrativa e fiscale.

Oggi il Comune di Molini di Triora è composto, oltre che dal capoluogo, dalle frazioni e località di Agaggio Inferiore, Agaggio Superiore, Aigovo, Andagna, Corte, Gavano, Glori, Molini e Perallo.

Da visitare: la Cappella di San Faustino nella frazione di Aigovo, con acquasantiera in pietra scolpita datata al 1493; la Chiesa Parrocchiale della Natività di Maria Vergine nella frazione di Andagna, che al suo interno conserva un polittico, raffigurante l’Annunciazione, risalente al 1460 circa e attribuito al pittore Emanuele Macario di Pigna o a Giovanni Baleison di Demonte; l’Oratorio di San Bernardo nella frazione di Andagna, con cicli di affreschi datati al 1436; la Chiesa di San Giovanni dei Prati, sulla dorsale del Monte Ceppo, oggi meta di pellegrinaggi delle comunità di Molini e di Triora in occasione della Festa di San Giovanni; il Santuario della Madonna della Montà, con un importante ciclo pittorico di affreschi datato 1435 e firmato da Antonio da Monteregale (Mondovì). 

Secondo alcune fonti storiche sembrerebbe che il primitivo insediamento abbia avuto origine intorno all’XI secolo. Il nome Montegrossum, documentato già dal 1207, doveva indicare un territorio di tipo montano destinato all’alpeggio, di particolari proporzioni e importanza. L’epiteto “Pian Latte” è citato nelle fonti medievali come Planum Lactis, indice di una particolare vocazione del territorio per la pratica dell’allevamento.

La Chiesa parrocchiale dedicata a San Biagio, eretta con presbiterio barocco, conserva il portale della chiesa più antica risalente alla fine del Quattrocento, mentre l’adiacente Oratorio della Santissima Annunziata è sede dell’omonima Confraternita. Varie cappelle sparse per il paese e nei dintorni (San Bernardo, San Sebastiano, San Lorenzo, Santa Elisabetta, Madonna dei Monti) testimoniano la religiosità popolare tipica dei piccoli centri montani.

Il Museo della Castagna, l’essiccatoio e la ricostruzione di una carbonaia offrono invece uno spaccato dei mestieri che per secoli hanno trainato l’economia e garantito la sopravvivenza agli abitanti del paese: essi infatti permettono di conoscere i mestieri del bosco e l’intero ciclo della lavorazione della castagna, grazie alla presenza di pannelli illustrativi e ricostruzioni a grandezza naturale.

Il centro storico, con gli edifici sostenuti da archivolti, conserva integre le caratteristiche architettoniche tipiche di un antico borgo montano.

Tracce di primitivi insediamenti umani risalenti all’epoca preistorica fanno presupporre che l’originario villaggio di Pigna sia stato un pagus del municipio di Albintimilium (odierna Ventimiglia). Storicamente sono del XII-XIII secolo le prime notizie documentate: i Conti di Ventimiglia, signori della valle, fecero erigere un castello a scopo difensivo, a protezione dei collegamenti fra la costa e l’entroterra ligure-piemontese-nizzardo.

Nell’attuale centro storico spicca la Parrocchiale di San Michele, edificio in pietra del XV secolo, con il magnifico rosone gotico attribuito a Giovanni Gaggini da Bissone e il grandioso polittico di Giovanni Canavesio (nel suo genere, una delle più grandi realizzazioni dell’intero Ponente Ligure). La Chiesa di San Bernardo, costruita tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV secolo lungo il vecchio percorso viario che collegava Pigna con la costa e Tenda, è stata recentemente restaurata e riaperta al pubblico. La Pieve di San Tommaso è ubicata ad un chilometro dal centro abitato e secondo la tradizione locale fu fondata dai monaci benedettini nell’XI secolo, mentre il Santuario della Madonna di Passoscio sorge al di fuori del paese a circa un’ora di strada. La Chiesa di San Jacre (San Siagrio) fu edificata prima dell’anno Mille e dedicata, unica al mondo, a San Siagrio, nipote di Carlo Magno. La Chiesa dell’Addolorata, in località “Ausegnu”, fu edificata nel 1740 per conservare la Statua della Madonna Addolorata, co-patrona di Buggio, infine la Chiesa de la Brigheta fu costruita nel 1918 come ringraziamento alla Madonna per la fine della Prima Guerra Mondiale.

Da non dimenticare il Museo Etnografico “La terra e la memoria”, che presenta la tradizionale vita contadina dell’Ottocento a Pigna e in Alta Val Nervia, fra la Riviera e le Alpi Liguri, con vecchi attrezzi, oggetti della vita quotidiana, foto e documenti storici, videofilm.

Le prime notizie risalgono a prima dell’anno Mille; nel Medioevo fu feudo della Repubblica Genovese, poi conteso fra i Marchesi di Clavesana, i Marchesi di Ceva e i Del Carretto.

Nella seicentesca Parrocchiale dedicata a San Martino Vescovo si conservano una vasca battesimale in pietra nera e i resti di un polittico anonimo del XVI secolo, mentre nelle vie del centro storico e lungo le vecchie mulattiere si ergono piccole cappelle affrescate, con lavori attribuiti a Pietro Guido da Ranzo (San Bernardo, Santa Croce dell’Ospedale).

Su un poggio dominante la vallata, a poco più di due chilometri dal paese, sorge il Santuario della Madonna Bambina o della Madonna del Santo Sepolcro (XV secolo): l’imponente rosone della facciata è ricavato da un unico blocco di pietra, mentre l’interno, con navate sorrette da colonne in pietra e archi ogivali, conserva notevoli opere d’arte; fra queste un’intera parete affrescata da Pietro Guido da Ranzo con Storie della Passione e una Madonna con Bambino in marmo di Carrara dello scultore Filippo Parodi (allievo di Bernini).

A guardia del borgo si erge infine il Castello dei Clavesana, nel suo aspetto di dimora fortificata, che all’interno nasconde le sale della cucina, il granaio e la cantina; nel sotterraneo del castello esiste ancora oggi la prigione con relativo passaggio segreto.

Degne di visita sono anche le due frazioni Lavina e Cènova: la prima con il Santuario della Madonna della Neve, la Parrocchiale tardo-barocca, l’oratorio cinquecentesco e le numerose cappelle immerse nella vegetazione; la seconda con il percorso fra i portali e le opere in pietra del XV-XVI secolo attribuite all’antica tradizione degli scalpellini che, originari di questo borgo, esibirono la loro maestria in tutti i maggiori cantieri del Ponente Ligure sino alla Collegiata di Tenda. A loro è dedicato il recente sito museale “Strade di Pietra”, visitabile su prenotazione.

Studi effettuati sul territorio hanno permesso il ritrovamento di reperti di epoca preromana sul Monte Abellio, la cui vetta prende il nome da un’antica divinità celto-ligure. In epoca romana il borgo conobbe una fiorente attività economica, legata al commercio e alla produzione agricola di servi e coloni. Le prime notizie documentabili sono contenute in un manoscritto medievale del 1186, dove si cita il borgo di Castrum Barbairae, dal nome del Rio Barbaira.

Da vedere, nel centro storico, la Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano, di origine cinquecentesca e rimaneggiata in seguito in stile barocco, e l’Oratorio della Santissima Annunziata. Fra le architetture in pietra, i resti del castello comitale costruito dalla famiglia Doria e i Ponti Cin e Pau.

Le origini del borgo risalgono probabilmente all’epoca romana, quando i Liguri Montani furono sottomessi dopo lunghe lotte sul territorio.

Tracce di assai più antico popolamento dell’attuale territorio comunale sono state però rinvenute a Realdo, presso la grotticella sepolcrale dell’Arma del Grà di marmo, che ha restituito reperti del III millennio a.C.

Nel Medioevo, l’erezione di nuove cinte murarie e di fortezze difensive creò una sorta di nucleo fortificato, quasi inespugnabile. Il nome del paese si deve al latino tria ora (“tre bocche”), quelle del Cerbero rappresentato sullo stemma: secondo alcuni tale derivazione indicherebbe i tre fiumi alla cui confluenza sorge il territorio, secondo altri i tre prodotti principali (grano, castagna e vite) dell’economia tradizionale.

Triora è oggi conosciuta in Italia e all’estero per il Processo alle Streghe tenutosi qui nel XVI secolo: l’origine della superstizione risale ad una terribile carestia che sconvolse la vallata nel 1587; alcune donne, che avevano l’abitudine di riunirsi fuori dal paese, .vennero ritenute colpevoli della calamità e processate dal Tribunale dell’Inquisizione. Oggi le tracce della storia rimangono come elemento di folklore e di appartenenza popolare, grazie al Museo Etnografico e della Stregoneria, che raccoglie antichi documenti e vecchi oggetti, e ai resti della Cabotina (il luogo di ‘raduno delle Streghe’).

Passeggiando per i carruggi del borgo si possono ammirare ancora moltissimi edifici con portali in pietra nera, mentre a valle del paese la Chiesa di San Bernardino conserva un suggestivo ciclo di affreschi quattrocenteschi. Fra gli altri edifici religiosi, la Parrocchiale di Nostra Signora Assunta (XVIII secolo), la Chiesa della Madonna delle Grazie (XII secolo), l’Oratorio di San Giovanni Battista (XVII secolo, con una statua lignea dello scultore Anton Maria Maragliano).

Da visitare anche le frazioni di Verdeggia e Realdo e il Ponte di Loreto.